Leslie Gore – You don’t own me
di Matteo Rinaldi
Tra gli altri, ha un tatuaggio molto piccolo su un braccio.
In un delicato minuscolo monocolore c’è scritto NO LATTOSIO.
Possiamo scegliere di tatuarci qualunque segno denso o meno di significato, ma per quanto leggero o a volte perfino superficiale, è una scelta ancora pressoché definitiva.
Così chiedo.
Antonella, ventotto anni, pugliese quanto me ed emigrata a Milano come me.
Scelta. È la parola che accomuna la mia curiosità e il suo nuovo tatuaggio. Un termine che dissimula una decisione un po’ più profonda. Anche questa riguarda il suo corpo. Antonella non vuole figli.
Secondo gli ancestrali usi del buon vicinato e dell’innata ospitalità del sud, preparo il caffè e ascolto il racconto.
Al lattosio Antonella è allergica, ma non è questo il motivo per cui ha fatto il tatuaggio; occorre raccontare con calma e soprattutto in ordine cronologico, senza questi presupposti è difficile trasmettere sia il significato del suo tatuaggio che un pezzo della sua storia.
Non molti anni fa, Antonella ha sedici anni e un fidanzato con il quale sperimenta la sua prima volta. Tre giorni dopo lui le confessa che non si è trattenuto. Anche se minorenne, Antonella può accedere alla “pillola del giorno dopo”, ma arriva al consultorio cinque giorni dopo il rapporto sessuale: è tardi, il farmaco non è più somministrabile.
Il ciclo arriva. A ben cinquanta giorni dopo l’accaduto! Antonella ha sempre avuto un ciclo irregolare.
Antonella vive in un paese del barese, ha lo stesso fidanzato e vuole prendere la pillola anticoncezionale.
Yaz! È la sua prima e unica pillola anticoncezionale che assume senza alcun esame preventivo. La prima compressa la prende in compagnia del suo fidanzato e racconta che, forse complice la suggestione o lo stress delle settimane precedenti trascorse in balia dell’apprensione, fin da subito si sente in balia di una montagna russa emotiva. Nei mesi successivi avverte sbalzi d’umore importanti e cambiamenti fisici evidenti. Antonella è magra e longilinea con poco seno ma, in quel periodo i suoi fianchi si allargano e il seno cresce, le capita di piangere spesso, di abbracciare tutti oppure di sprofondare nell’apatia.
Antonella vive con i genitori anche quando, inavvertitamente, il bugiardino della pillola cade in bagno e la mamma lo trova.
Nessuna scenata, solo tanta accoglienza e comprensione. Antonella, accompagnata dalla mamma, si sottopone ad una visita ginecologica. Il dottore fa un’anamnesi sommaria, prescrive degli esami generici e un’ecografia, l’obbiettivo degli esami è accertarsi che Antonella possa avere figli. Tutto qui. Tutto in ordine, può.
Antonella prende Yaz per tre anni durante i quali ha cicli abbondanti e dolorosi. Yaz, come quasi la totalità delle pillole anticoncezionali, contiene lattosio a cui Antonella, come anticipato, scopre di essere allergica.
Antonella e il fidanzato si lasciano, si lascia anche la pillola.
Tempo dopo, in una nuova relazione Antonella decide di usare il preservativo, gli effetti collaterali dovuti al lattosio sono insostenibili.
Da cinque anni Antonella vive la sua attuale relazione a Milano. Un’altra volta, una incomprensione in un rapporto non protetto la mette nuovamente a rischio gravidanza. Stavolta Antonella sa che non può prendere la “pillola del giorno dopo” perché contiene lattosio. Anche questa volta pericolo scampato.
Chiede quindi al suo ginecologo informazioni sull’anello anticoncezionale il quale viene prescritto, esattamente come il contraccettivo precedente, senza eseguire esami specifici preventivi. (Linee guida Aogoi)
Il farmaco assunto è Nuvaring e stavolta nessun cambiamento fisico o d’umore, bensì grandi emicranie con aura. Antonella scopre così di essere a rischio ictus. I medici curano il mal di testa, ma non cambiano il farmaco anticoncezionale, in altre parole, si cura il sintomo, ma non la causa.
Così Antonella prenota una visita presso una ginecologa a Milano sperando possa risolvere il dilemma che si è appena manifestato: la pillola contiene lattosio e lei è allergica mentre l’anello la espone a mal di testa con aura, ma soprattutto aumenta la possibilità di avere un ictus, quindi quale contraccettivo usare?
Durante l’appuntamento Antonella esclude il suggerimento di avvalersi della spirale. Non vuole correre il rischio della possibile rottura o di uno spostamento durante i rapporti, naturalmente informa la dottoressa della sua allergia. Nella stessa occasione chiede informazioni in merito all’impianto sottocutaneo: si tratta di una barretta in materiale polimerico, che viene collocata generalmente in un braccio, la quale rilascia etonogestrel (Nexplanon®). È attivo per tre anni e può essere rimosso in qualunque momento. La dottoressa si rifiuta di eseguire l’impianto.
Prescrive però la “minipillola” che contiene solo progesterone e non anche estrogeni, il farmaco è indicato per le donne soggette ad emicrania.
Purtroppo anche questo contiene lattosio. Antonella, visti i precedenti, decide di non assumerla. Insomma un costoso, deludente e infruttuoso giro a vuoto.
Antonella si rivolge ad un ginecologo pugliese, l’ultimo almeno finora, al quale racconta tutto il percorso che l’ha portata fino a qui. Le valutazioni del medico sono: neurologo per i mal di testa e analisi per via delle possibili trombosi alle quali Antonella risulta essere, di per sé negativa al possibile sviluppo, ma emerge una severa famigliarità dovuta alla mamma. Solo adesso, dopo più di dieci anni dalla sua prima pillola viene informata dei quattro livelli di accesso agli anticoncezionali previsti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità; lei appartiene al livello 2 che corrisponde ad un “generalmente può essere usato”. In questa tabella la classe 1 significa può essere usato sempre, fino alla classe 4 che indica un tassativo non deve essere usato. (Classi OMS)
Antonella è una paziente diligente ed informata. Nel tempo ha cercato tutte le possibili soluzioni al suo caso, valutando anche la chiusura delle tube verso la quale propende, chiede quindi al dottore informazioni a riguardo. Per quanto ne sa, dal circolo chiuso in cui si ritrova, sembra essere l’unica soluzione possibile e priva, almeno per quanto la riguarda, di effetti collaterali. infatti, esclusi quelli propri di qualunque intervento chirurgico, ne include solo uno, si tratta di un intervento permanente e sostanzialmente irreversibile che è esattamente quello che Antonella vuole. Al contrario, gli altri metodi utilizzati finora la espongono a rischi che, in generale e più in particolare nel suo caso, sono ben più importanti.
Di fronte al rifiuto di aver accesso all’intervento Antonella decide di impiantare Nexplanon® assumendosi in pieno il rischio di trombosi.


La decisione è presa, ma. Come si sente Antonella adesso e cosa ha sentito in questi anni?
Mentre un’altra “macchinetta” è già sul gas sono molti gli elementi che rimangono sospesi insieme all’odore di caffè, tanti quanto gli argomenti che il racconto di Antonella ha toccato, sfiorato, risvegliato.
La parola che ha dato inizio a questo racconto è scelta, mentre adesso le parole che girano in tondo, come i granelli di zucchero nel caffè sono, fra tante altre, autodeterminazione, tabù, maschilismo, sanità.
Antonella ha davvero scelto del suo corpo oppure ha scelto solo cosa tatuare?
Il rifiuto di eseguire o quantomeno valutare, in modo organico ed informato, l’intervento di chiusura delle tube desiderato consentirebbe ad Antonella di determinarsi, di disporre di sé, di realizzare le sue intenzioni e il suo volere, di avere padronanza del proprio corpo, di occuparsi della sua salute, non solo fisica, e del suo benessere, non solo sessuale. La negazione ha l’effetto di frammentare quelle parti di sé che non rispondono più al superficialmente e socialmente accettato connubio femmina e mamma. Ma femmina vuol dire davvero necessariamente mamma e l’appellativo mamma è proprio solo di chi genera?
Antonella non vuole una gravidanza, ma non esclude la maternità. Antonella non vuole negarsi un rapporto sessuale sereno, dove sereno per lei equivale a non correre nessun rischio di gravidanza.
Non si deve entrare nel merito o sermoneggiare sulle scelte di Antonella, riguardano la sua sfera intima che non va confusa con la sua sfera sessuale neanche quando le due si sovrappongono, al pari della prima anche quest’ultima non va giudicata. In questo racconto si ha la sensazione che Antonella non disponga di sé o quantomeno che non ne disponga totalmente, ma soprattutto occorre tener presente che questa scelta non riguarda altri che sé stessa.
Se non parlassimo di procreazione pur rimanendo nella sfera sessuale femminile e dicessimo che, per esempio, il desiderio di Antonella fosse un seno più abbondante, una bocca più carnosa o un naso meno evidente, avrebbe incontrato gli stessi ostacoli? Riflettendoci senza nessun pregiudizio, soprattutto sessuale o maschilista, che differenza c’è davvero fra i due interventi chirurgici se chi lo chiede è, in tutti e due i casi, di genere femminile?
Se, tornando alla procreazione, Antonella fosse stata un maschio e volesse ricorrere alla vasectomia, essendo residente a Milano saprebbe che la possibilità esiste. Si tratterebbe di ringraziare la Legge 194 del 1978, quella che tutti conosciamo come legge sull’aborto, la quale ha abolito il divieto di sterilizzazione presente nel Titolo 10 del Codice penale intitolato “Dei delitti contro la integrità e la sanità della stirpe”; negli anni Ottanta, in pieno vuoto normativo, ci sono stati alcuni medici, che praticandola, sono stati incriminati del reato di “lesione grave permanente”, ma la Cassazione ha successivamente stabilito che la sterilizzazione consenziente non viola il codice penale invitando così il Parlamento a regolamentare. Stiamo ancora aspettando. Essendo femmina invece, in Lombardia, potrebbe effettuare la sterilizzazione solo in alcuni ospedali perché altri hanno sospeso il servizio, ma solo in sede di cesareo e soddisfacendo alcuni criteri che riguardano l’età (lei è troppo giovane), il numero dei figli (?), il numero di cesarei avuti e la presenza di patologie che impediscono altre gravidanze, non si capisce bene se i criteri vadano soddisfatti singolarmente o cumulativamente, quello che risulta chiaro è che è indispensabile aver già partorito.
Le domande rimangono in testa come il fondino di zucchero e caffè nelle tazzine.
Chi decide davvero del corpo di Antonella?
P.S. Piccio è un’espressione dialettale usata in varie declinazioni nel Sud dell’Italia, indica uno stato d’animo, nella maggior parte della Puglia è sinonimo di capriccio infantile, di accettare o fare qualcosa controvoglia.
Le foto sono di Antonella -©-Antonella