© - Jacqueline Telford

La terra è tonda

Jacqueline Telford & PG Papaleg- Doctor, Come See Me

di Matteo Rinaldi

Come in uno di quei disegni animati realizzati con poche righe e pochi colori, proviamo ad immaginare un furgone che dalla Svezia arriva fin sul Gargano passando prima per l’India, il Nepal, il Perù, quindi Danimarca, Germania, Olanda, Belgio, Francia, Spagna. Giù per mezza Europa insomma e, a seguire un terzo dell’Italia, per approdare in una terra già poco accessibile di per sé e, nello specifico, in un luogo raggiungibile solo attraverso una stradina per buona parte sterrata, che collega il mare al paese più vicino.

In un attimo, senza fretta, arrivano mille domande e la solita curiosità.

Cosa ci spinge a partire? Addirittura per terre così lontane. Cosa si cerca? Ma soprattutto, se si trova, cosa si trova?

Sì certo, il vero viaggio è il percorso, con tutte le metafore annesse più o meno inflazionate e le altre varie ovvietà, ma perché non parliamo anche di arrivi? Temporanei certo, come tutti gli arrivi d’altronde. Oppure degli arrivi intesi come pausa tra una partenza e l’altra?

Seguo il flusso delle domande come si segue col dito il percorso di un fiume su una mappa, o come lo si fa con l’anima mentre ci si ascolta e mi chiedo: perché una ragazza sente il bisogno di raggiungere e poi di fermarsi, per più o meno tempo, in così tanti luoghi? Questi posti hanno, fra loro, qualcosa in comune? Quale itinerario sta seguendo la sua mente oppure segue solo il suo cuore? E ancora, perché in quest’ultimo posto si è fermata, almeno finora, per più tempo che altrove? Abbiamo già detto degli arrivi temporanei, vero? È una pausa oppure è casa? E ancora, quali requisiti deve avere un posto per essere casa? Casa è un concetto oppure deve essere necessariamente un posto fisico?

Sì, certo, Jacqueline è svedese. Terra di navigatori, di grandi esploratori e questo si sa, in qualche maniera segna il DNA di un popolo. Tant’è che i norreni scandinavi, anche questo si sa, hanno raggiunto il Nordamerica secoli prima di Colombo, hanno tracciato rotte tra Oriente ed Occidente, percorso fiumi, esplorato coste e qualcuno di loro, infatti, è arrivato sulle coste del Gargano circa un millennio prima di Jacqueline.

Salda nell’identità di questo popolo c’è il concetto di terra, inteso come radici, come provenienza, come identità. I paesaggi tipicamente scandinavi, se osservati lasciando fluire le immagini attraverso gli occhi raccontano molto a questo proposito e, certamente, molto meglio di quanto si possa fare con le parole. Viene in mente un ricordo che Jacqueline racconta spesso: molti anni fa era alla guida del suo furgone di notte e, senza sapere dove fosse esattamente, presa dalla stanchezza sì fermò nel primo posto che le sembrò consono. Al mattino, quello che qualche ora prima era solo nebbia e buio, si rivelò un lago isolato, un posto incantato, un momento di meraviglia che ha il sapore di casa e insieme di libertà. Uno di quei luoghi che ti mette in contatto con te, a cui in qualche maniera appartieni a prescindere dalla strada che vorrai intraprendere.

Terra è infatti un legame, un’origine, un inizio. È potente come un fatto e indissolubile come un sogno. Un legame che lascia liberi di andare, di cercare, di costruire case in luoghi distanti, di tornare.

La terra si lascia e alla terra si torna, esattamente come avviene per la casa.

Jaqueline ha incontrato persone, ha stretto legami, ha esplorato culture, modi diversi di vivere e di pensare, ne ha assimilato le forme, gli odori, i sapori, le ha lasciate crescere in sé.

Jaqueline non insegna, impara, Jaqueline non distrugge, crea, Jaqueline non forza, ma lascia che sia.

Immagino che, per Jaqueline in un primo periodo, il contenitore per conservare e rinnovare in sé, luoghi, persone, storie, culture sia stata la musica. Un ottimo mezzo per stringere legami, per viaggiare, per esplorare, per conoscere e per conoscersi. Jaqueline suona tuttora la chitarra e l’armonica, scrive ed esegue canzoni blues o folk.

Nell’ultimo decennio, il contatto con la terra si è fatto più fisico, diretto, ha scelto un posto isolato dove costruire la sua “casa”, uno spazio di silenzio e quiete dove può coltivare tutto quello di cui ha bisogno, dove camminare a piedi nudi fra le zolle oppure, se d’estate è troppo caldo, dormire sotto le stelle. Un posto dove una volpe può diventare un discreto coinquilino per qualche mese, dove il ciclo naturale delle cose, o banalmente il meteo, ti dicono che siamo ancora e comunque tutt’uno con la Natura. Un posto dove l’essere umano ha la dimensione corretta: è parte di un tutto, non domina. Un posto dove tutto ha il suo tempo e il suo spazio.

Un posto che somiglia incredibilmente a Jaqueline che sa di appartenere alla terra, ne conosce il ritmo e il respiro. Un posto dove alimentarsi non significa invadere, sopraffare, ma essere parte di un ciclo che è la vita.

Quando chiedo a Jaqueline. cosa le somiglia di più, mi dice una donna di Neanderthal e in effetti, oltre ai colori (mi fa notare che i suoi capelli sono rossi e la sua pelle è chiara), le accomuna la straordinaria capacità di fondersi nella terra.

Tondo è il viaggio geografico che Jaqueline ha percorso finora: dalla Svezia all’Italia passando per altri continenti, tondo è il viaggio in sé e con sé, è partita per esplorarsi ed è arrivata (temporaneamente come tutti gli arrivi) ad un sé stessa più vicina alla sua natura, tondo perché quello che coltiva diventa cibo, per sé o per gli altri, diventa sapere da condividere, diventa ispirazione, avvicina, unisce.

Il cibo è un dono, arriva dalla terra e non sempre serve il sudore della fronte, un frutto è un frutto anche se non è coltivato, la terra è conoscenza, a volte conoscere vuol dire sopravvivere.

E magari dopo tutte queste parole scopriamo che c’è ancora un tondo, quello che ci riporta a terra, a noi, in contatto.

E così chiudiamo un cerchio intuendo che molti dei viaggi che affrontiamo ci riportano comunque a noi.

Forte del fatto che la terra è tonda Jaqueline ha pubblicato un libro di ricette, penso sia un modo per restituire i doni ricevuti dalla terra agli altri. Nel caso voleste dare un ‘occhiata: Bake, fry, roast & Toast

Parole e musica della canzone che accompagna questo articolo sono di Jacqueline Telford, al dobro PG Papaleg, qui in basso il testo della canzone

Doctor, come see me (achin’ blues)

I got that old aching blues

Lord, I got Muddy Waters all in my shoe

Doctor come see me now, all I can do is to sit around

I got that old walking blues

Lord, I can’t move

Come see me doctor I think it’s bad

My head been hurting and I feel so sad

I tried to walk this blues away

But all I got was a million miles away

Now I can’t walk no more

My feet they bleed and I’m tired and low

I walked across the country, lord, I walked

But how can I stop, when I still got aching in my heart?

Yeah, my legs don’t work, but I’ll get fine

Lord, all you gotta do is to put me off the ground

Lord, won’t you carry me through this old land?

Lord, won’t you carry me through this old land?

Carry me through the mountains, fields, rocks and the sand

Yeah lord come see me now I feel so bad

Lord, won’t you carry me through this old..

Yeah lord won’t you carry me through this old land?

Carry me through the mountains, fields, rocks and the sand

Yeah, lord, come see me now, I feel so bad

Won’t you carry me through the mountains, fields, rocks and the sand?

2 commenti su “La terra è tonda”

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